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Published in: Autori stranieri, Libri

Esercizi di stile – Raymond Queneau

★★★★½
  • Titolo originale: Exercices de style
  • Anno: 1974
  • Isbn: 9788806056209
  • Pagine: 237
Un episodio di vita quotidiana, di sconcertante banalità, e novantanove variazioni sul tema, in cui la storia viene ridetta mettendo alla prova tutte le figure retoriche, i diversi generi letterari (dall’epico al drammatico, dal racconto gotico alla lirica giapponese), giocando con sostituzioni lessicali, frantumando la sitassi, permutando l’ordine delle lettere alfabetiche… Un effetto comico travolgente, che già si è prestato a realizzazioni teatrali, ma al tempo stesso un esperimento sulle possibilità del linguaggio che può essere usato, come già è avvenuto, per fini didattici.

Un capolavoro di questo signor Raymond Queneau, un tizio di Le Havre, un indeciso che non sapeva se appassionarsi “al delirio del matematico o alla ragione del poeta”, e per sicurezza li mischiava; uno che cominciava col voler scrivere una “Enciclopedia delle scienze inesatte” (fisica evolutiva, antropologia spaziale, metabolismo storico, chirurgia morale, spropositologia, irrilevanza comparata, matenautica…) e finiva col dirigere l’Encyclopédie de la Pléiade, uno che voleva quadrare il cerchio e pure la botte, con tutta la moglie ubriaca dentro.

Le infinite possibilità della lingua. Lo stesso racconto, di una banalità disarmante, 99 volte, senza mai essere ripetitivo. Umberto Eco che magistralmente traduce, interpreta – e qualche volta aggiunge del suo –, gioca allo stesso gioco di Queneau quando la traduzione diventa impossibile. Queneau modella la lingua come creta tra le mani; la allunga, la rifinisce, la appallottola, ne fa piccoli pezzetti, fabbrica ogni volta qualcosa di nuovo.

Funambolico, spassoso, intelligente, esilarante. Da portare sempre con sè. Da leggere assolutamente se non lo si è fatto, possibilmente la versione col testo francese a fronte. Per imparare mille modi di dire la stessa cosa, e che ogni modo cambia qualcosa nella storia, che però rimane sempre la stessa.

 

Pagina 69
Imperfetto
Era mezzogiorno. I passeggeri salivano e tutti erano gomito a gomito. Un giovane signore portava in testa un feltro, che era avviluppato da una treccia, e non era un nastro. Lungo aveva il collo. E si lamentava col vicino, per le spinte che quello gli infliggeva. Ma come vedeva libero un posto, vi si buttava rapido, ed ivi si sedeva.
Lo ritrovavo poco dopo, davanti alla stazione che era detta Saint-Lazare, ove s’abbigliava di un soprabito, e un amico gli diceva che si doveva, si doveva mettere un bottone più in alto di dove prima stava.

Il segnalibro

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